
Mode alimentari…
di Massimiliano DS Ti piace questa Storia? Dalle un cuore!Recantina, Seccola, Ortrugo, Tuma persa, Conciato di San Vittore, Montebore, Pezzente della Montagna… Questi sono solo alcuni tra vitigni, formaggi o salumi che erano andati perduti, scomparsi dalle nostre tavole e che oggi, lentamente, grazie al lavoro di alcuni produttori locali, stanno ritornando in “vita”.
Perché si erano persi? Perché al mercato non interessavano…
Se il mercato chiede barolo, i viticoltori sdradicano le viti meno redditizie, ma non per questo peggiori qualitativamente, per produrre e vendere barolo; se tutti chiedono mortadella al pistacchio, i norcini annullano man mano la produzione di altri insaccati, così come se il mercato chiede più burrata, agli allevatori e caseifici non conviene quasi più neanche fare altri formaggi, con conseguente impoverimento del comparto agroalimentare e soprattutto limitazioni nelle nostre scelte d’acquisto!!
BURRATA EVERYWHERE…
Una delle maggiori aziende pugliesi di latticini è passata, per la sola burrata, da 5 milioni circa di fatturato del 2017 a 55 milioni circa nel 2021; ovvero una produzione intorno alle 4.000 tonnellate annue. Per fare un chilo di burrata servono circa 8 litri di latte. Diversi allevatori nei suoi dintorni stanno preferendo non produrre più formaggi ma venderle solo il latte, con conseguente impoverimento dell’offerta casearea territoriale.
PASTA E PIZZA AI RICCI DI MARE
La Regione Sardegna ha dovuto imporre il blocco di pesca sui ricci di mare per due anni: con i ritmi attuali di approvvigionamento raggiunti, ci sarebbe stata l’estinzione nell’isola entro pochi mesi.
PISTACCHIO FOREVER
C’è una guerra dell “oro verde” che va avanti dagli anni ’70 circa tra Usa e Iran : questi due Stati detengono circa l’80% del mercato globale del pistacchio. In Iran, il pistacchio è una sorta di “monopolio di Stato”; lo scorso anno la popolazione si è vista sottrarre quasi il 40% dell’acqua dolce del paese, già scarsa, destinata dal Governo alla coltivazione del pistacchio.
TUTTI MAESTRI CIOCCOLATTIERI E PASTICCERI
Tra il 2020 e il 2021 si è registrato in Costa d’Avorio un aumento del 21% dello sfruttamento del lavoro minorile tra bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni, rispetto agli 800.000 già stimati; la Costa d’Avorio, insieme a Nigeria e Ghana produce il 70% del cacao mondiale.
ESPRESSO IN MILLE GUSTI A CASA COME AL BAR
Ogni mese in Brasile circa 1.200 persone, tra adulti e bambini, sono rapite dai propri villaggi, schiavizzate e costrette a lavorare nelle piantagioni di caffé. Il Brasile è il maggior produttore mondiale di caffé, nel 1920 produceva il 100% del caffé mondiale.
BAGUETTE TRES CHIC!
“Un/Quarto” del pane che è stato venduto nel 2020 nelle grandi catene alimentari italiane è arrivato dall’Est Europa imballato, precotto e surgelato: grani di dubbia qualità, poiché sul pane non c’è obbligo di dichiarare l’origine degli ingredienti. L’import di pane, tra cui la tanto amata Baguette, dalla Romania o dalla Bulgaria registra un ulteriore +16% solo nell’ultimo anno, siamo quasi a “Un/Terzo” del pane venduto in GDO.
GRILL MASTER
Per far spazio agli allevamenti bovini, negli ultimi 20 anni, in Argentina sono scomparsi quasi 90.000 Kmq di bosco del Gran Chaco, ovvero più della superficie dell’Austria. Lo scorso anno l’Italia ha importato dall’Argentina 5.800 tonnellate di carne.
FRUTTA E VERDURA FUORI STAGIONE
L’anno scorso, in Italia, più di 400.000 lavoratori agricoli sono stati vittima di sfruttamento da caporalato e agromafie, segnando un aumento del fenomeno del +23% negli ultimi 10 anni. Lo scorso anno l’export agricolo italiano ha registrato un più +3,5%.
E potrei continuare con avocado, ananas, sushi, poké e altri trend del mercato!!
Ma chi è “IL MERCATO”? Beh, il mercato in verità siamo noi…. Forse sarebbe il caso che, anziché un’etichetta Nutri-Score sulla quantità di grassi di un cibo, si iniziasse a pensare anche a delle etichette che indichino al consumatore le basi etiche del lavoro e l’impronta ambientale che certi cibi implicano!
A Pachino, per esempio, lo stanno facendo, lanciando l’etichetta “NoCap”, No Caporalato…
Se ci fosse sul cibo lo stesso slancio che per adesso c’è sul discorso sanitario riguardo alla “libertà di scelta”, saremmo davvero encomiabili… Noi pensiamo che entrando in una Supermarket abbiamo un’ampia scelta e possiamo scegliere cosa mangiare, invece la verità è che già qualcuno ha scelto per noi in base a proprie logiche di marketing e profitto!
Il tema è delicato però, perché mentre in tanti ambiti è facile lottare contro un nemico esterno, che sia Big-Farma, i Rettiliani o lo Stato, nell’ambito dell’alimentazione dovremmo “lottare” contro noi stessi, contro certe nostre abitudini e anche contro al fatto di essere in un’area privilegiata del pianeta… In verità non si tratta di cospargerci il capo di cenere o fare mea culpa ma, allo stesso modo che in altri ambiti sociali, di voler condividere e affermare dei principi di scelta, correttezza e libertà…
Dove nasce l’inghippo? Che ci fanno sentire “in colpa” quando si parla di cibo, perché NOI siamo quelli che sprechiamo, NOI che affamiamo l’altra metà del mondo, NOI che devastiamo il pianeta… E nessuno vuole sentirsi colpevole, giustamente, perché in fondo non lo siamo… Perché non siamo noi che scegliamo cosa distribuire nei Supermarket, già, ma NOI possiamo scegliere COSA e DOVE acquistare!
Si tratta solo di affermare consapevolmente quelle stesse “libertà” di scelta e di ricerca del “benessere” legate a un uso migliore del tempo e delle nostre libertà anche per la scelta del cibo, e che già applichiamo in tanti contesti; e così come troviamo il tempo per la palestra (circa due ore a settimana), per stare attaccati ai telefonini (circa 4 ore a settimana), pc e televisori (circa 16 ore a settimana), o a fare chilometri per prendere all’Outlet la giacca o il vestito a prezzi stracciati, ebbene, basterebbe fare lo stesso per il cibo… Eppure questo sembrerebbe un lusso che non possiamo permetterci o che un certo marketing non vuole più concederci… Perchè? Perché di mangiare non possiamo farne a meno… Siamo un bacino economico inesauribile da privatizzare e a cui attingere!
Dedichiamo alla spesa circa 40-50 minuti a settimana di media… Beh, leggendo sopra il tempo ci sarebbe, coniugandolo magari a una gita fuori porta, o con la “scusa” di farsi una passeggiata nel week-end, visitando e acquistando presso i Produttori diretti e di zona, scegliendo cibo di prossimità e, soprattutto, anche stagionale, che sarebbe pure più salutare per il nostro organismo… E per il cibo che viene dall’estero? Siamo sempre lì: la parola chiave è “scegliere”, magari marchi equo-solidali, o produttori attenti, ma soprattutto, probabilmente, toglierci dalla testa che tutto sia sempre disponibile e necessario tutto l’anno!
Questo è uno dei motivi per cui nasce questo Blog e il GRUPPO FACEBOOK in cui vari Gastronauti sparsi per tutta Italia si scambiano informazioni sui vari Produttori di zona e territoriali… Il resto è un marketing che tende a far diventare anche il cibo locale un “lusso”, legato al turismo enogastronomico, e che invece è da sempre alla portata di tutti…
La scelta del cibo non va fatta per vincere un non si sa quale oscuro senso di colpa che ci vogliono appioppare, ma per affermare e riscattare un pezzo del nostro benessere che pian piano ci viene sottratto, spezzettato sotto forme di marketing differenti e poi rivenduto a caro prezzo, per noi e per il sistema tutto, e che trascuriamo banalmente delegando le nostre scelte ad altri…
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